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martedì 8 febbraio 2011

La gatta di mia zia.






Il fastidio guizza dagli occhi. I miei poveri nervi indolenziti.
La zia ha passato la serata cercando di convincermi, secondo me di convincersi, dell'esistenza reale ed effettiva d'un paradiso per animali:

-"E' che io non posso non pensare che un essere che..."
-"Singhiozzo."
-"...è in grado di capire e di farsi capire, che ha la percezione di sé,..."
-"..."
-"...non abbia un'anima! Ho letto da qualche parte che un qualche organo della chiesa ha stabilito che possano risorgere, che ci ricongiungeremo a loro!"
-"Singhiozzo."
-"Non riesco a capire se stai piangendo o ridendo."

E' colpa del nostro cervello, mi pare d'aver letto, se ricerchiamo nel nulla e nell'altro immagini sensibili e modi d'agire a noi comuni, tanto da sperare addirittura in una resurrezione felina. C'è un Dio felino? I gatti commettono peccati? Inferno e Purgatorio? Nada, eh! Morto un animale domestico non se ne fa un altro, no.

Piangevo.
Quel misero cuore che tanto ha dato, credo, dev'esser lacero dal dolore.

Stronza fino alla fine.

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