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venerdì 27 maggio 2011

Poemetto in terza rima. Canigola era un cane molto ribelle.

Canigola piangeva fra i narcisi
mordendosi le bianche zampe fiere
non consolandosi di ottusi sorrisi
e di umane tenerezze passeggere.
Canigola era un cane già ribelle
quand'era afflitto da umiliazioni mere:
correre al richiamo appresso all'osso,
e per peloso amore era frainteso
sdegno e irato rodere del morso.
Ideava operette di eguaglianza e teso
pareva a un tratto al nobil fine:
mollezza di cravatta e non di collar peso.
Così è da intender la terza rima infine
fra la paronomasia e il poliptoto:
che l'alma sdegnosa è vera e fine
se al mirar le stelle incalza il moto.


Morale: i bravi cagnolini spesso pensano all'affermazione personale, all'ambizione e all'orgoglio, e mordono gli ossi di plastica lavorando di cesello sulle loro marcate attitudini manageriali. 
I bravi cagnolini vanno in paradiso, ma non prima di averci maledetti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Personalmente, apprezzo i cagnolini che hanno il coraggio di passare dagli ossi di plastica a quelli veri. Fifì

Francesca ha detto...

Cagnolini sì, ma astuti.
Fuor di metafora: in genere non mi accanisco sui miei nemici già in declino. Mi piace sentire la carne intorno all'osso.