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venerdì 20 maggio 2011

Perché da grande voglio essere Vittorio Alfieri.

Innanzitutto chi è Vittorio Alfieri. Uomo geniale che come molti del suo stampo visse brevemente e con la stessa potenza di una deflagrazione; dal 1749 al 1803 fece l'impossibile per consegnare al Futuro un distillato quasi perfetto di ciò che la sua mente era in grado di pensare. 
Scrisse tragedie dell'affermazione individuale, capaci di squarciare il cuore agli italiani, scrisse in toni polemici e satirici sulla Libertà, scrisse rime, persino commedie, odi, satire, ogni genere di prose, e infine degnò il mondo del capolavoro di un'autobiografia ambiziosa fino al sospetto di arroganza. Una simile opera iniziata ad un'età forse prematura (1790) o ci lascia una finestra per insultare un superbo o ci apre una cancellata di ferro battuto verso un uomo che ne aveva davvero tante da dire. 


I 4 principali motivi per cui da grande voglio essere Vittorio Alfieri.


1. Creatura a pelo fulvo come me, protettrice delle volpi e dei procioni. Magnifico Enobarbo.


2. A sette anni tentò il suicidio, anche se non pensò mai di voler morire, e non era certo di sapere cosa fosse la morte: eppure seguendo così un non so quale istinto naturale misto di un dolore di cui mi era ignota la fonte, mi spinsi avidissimamente a mangiar di quell'erba, immaginando di inghiottire cicuta, di cui aveva sentito parlare chissà dove.
Anch'io ho una spiccata attrazione per la morte e quando un giorno dovrò venirci alle mani (con la morte, intendo) vorrò farlo con la stessa crudezza. 


3. Ed il mio maggiore, anzi il solo piacere ch'io ricavassi dal viaggio, era di ritrovarmi correndo la posta su le strade maestre, e di farne alcune, e il più che poteva, a cavallo da corriere.
Vide le più belle e le più narrate città d'Europa e i soli momenti di pace che riuscì a trovare nella sua (giovanile) noia furono i breve slanci delle corse folli. Per me Alfieri è un cavallo con la bocca schiumante e le froge allargate dallo sforzo. Rappresenta completamente la tensione.


4. Incostante e folle, rimase incantato solo dalla Svezia. Cercò di saperne di più di quella semilibertà che traspariva dal governo ma non ebbe mai la costanza di farlo seriamente. 
La maestosa natura di quelle immense selve, laghi e dirupi, moltissimo mi trasportavano; e benché non avessi mai letto l'Ossian, molte di quelle sua immagini mi restavano ruvidamente scolpite. Corse con la slitta con furore, calpestando i numerosi strati di neve finché non venne il primo caldo, e comparvero le verdi primizie: spettacolo veramente bizzarro e che mi sarebbe riuscito poetico se avessi saputo far versi.
Mio Adorato, ecco, adesso mi fai piangere. Certe volte la vita è così simile alla sensazione di voler far versi. 

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non credevo d'essere tanto in sintonia con Vittorio Alfieri, ma, a leggere il tuo post, sembra io lo sia! Soprattutto, il punto 2...mi trova in assoluto accordo. Credo sia un bene per ogni essere umano essere attratto dalla morte, invece di rifuggirvi. L'unica certezza che possiedamo, non fosse altro se non per questo. Fifì

Francesca ha detto...

In ogni caso meglio inghiottire cicuta che morire in comode rate come farebbe un apprendista della Sacra Certezza. Sbaglio o sei anche tu una creatura a pelo fulvo? O forse ho visto solo altre foto che ti sono state generosamente donate :-)

anza11maggio ha detto...

Ciao tutti! vi segnalo questo sito:

http://alfieri.letteraturaoperaomnia.org/index.html

in cui sono pubblicate le opere complete di Vittorio Alfieri