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lunedì 30 maggio 2011

Introduzione. / Vita prima di Marte.

Dormi dormi dormi. Naturalmente non so l'ora perché l'orologio accanto al letto si è fermato già da parecchio. A volte maggio è come non riuscire a prender sonno. Ti agiti, ti rigiri, ti stiracchi, ti innervosisci, ti alzi, bevi un bicchiere d'acqua, rigiri il cuscino che è diventato caldo, apri di più la finestra, con l'occasione spii la strada deserta, ti arrabbi, scalci e il lenzuolo diventa un grumo. 
Poi per miracolo prendi sonno, e la mattina dopo, con gli occhi gonfi, dici "Ah, tutto qui?".
Se dovessi descrivere la mia vita scriverei un'opera in tre volumi: Vita prima di Marte, Ironico ma non troppo, Vita dopo Marte. 
Ah, Marte, io non so dove tu sia. Se qualcuno ne sa qualcosa mi scriva due righe, per favore. 
Vorrei pensare che tu stia sdraiato nella mia stessa posizione e che il tuo letto sia fresco. Vorrei anche pensare che la tua esistenza sia diventata meno dolorosa e vorrei che mi avessi perdonata. Del resto ho capito solo stanotte che nella vaghezza della comprensione posso leggere quello che preferisco dentro a un segnale, e oggi io leggo "Oh sì, c'è qualcuno qui che dovrebbe scusarsi". 
Purtroppo non ricordo se devo scusarmi io o se devi scusarti tu. 
Quando ci siamo conosciuti la mia vita sembrava un inferno. Senza fiamme, perché allora non ero tipo da incendiarsi facilmente. Era un inferno diverso, fatto di vento tagliente, forse di vetro; non dico di diamanti perché non vorrei sembrare troppo lusinghiera. 
Se leggerai un giorno quello che ti scrivo - o se sentirai finalmente la mia voce - sii gentile nei giudizi: uso parole caute perché voglio descrivere delicatamente gli eventi brutali in cui sono inciampata. La mia moralità spicciola emergerà senza che io la possa frenare, quindi non devi temere nulla. Anche se qualcosa di te dovesse sembrare irritante o ingiustificabile, per me di certo conserverai sempre la bellezza elegante del ricordo. 
Se non sapessi quanto sei implacabile, se non fossi disgustata persino da me stessa, se non fossi spaventata dalla possibilità di scivolare in una spirale piena di dolore e se non fossi completamente e infinitamente grata all'anima del Poeta che già mi ha salvata, forse potrei pensare a te e al tuo corpo senza terrore. Ma vedi, amore, le circostanze mi hanno portata al declino, un uomo mi ha condotta all'arsura e un Poeta mi ha accompagnata all'equilibrio. 


Per tali motivi che so condividerai io distruggerò questo scritto. 

venerdì 27 maggio 2011

Poemetto in terza rima. Canigola era un cane molto ribelle.

Canigola piangeva fra i narcisi
mordendosi le bianche zampe fiere
non consolandosi di ottusi sorrisi
e di umane tenerezze passeggere.
Canigola era un cane già ribelle
quand'era afflitto da umiliazioni mere:
correre al richiamo appresso all'osso,
e per peloso amore era frainteso
sdegno e irato rodere del morso.
Ideava operette di eguaglianza e teso
pareva a un tratto al nobil fine:
mollezza di cravatta e non di collar peso.
Così è da intender la terza rima infine
fra la paronomasia e il poliptoto:
che l'alma sdegnosa è vera e fine
se al mirar le stelle incalza il moto.


Morale: i bravi cagnolini spesso pensano all'affermazione personale, all'ambizione e all'orgoglio, e mordono gli ossi di plastica lavorando di cesello sulle loro marcate attitudini manageriali. 
I bravi cagnolini vanno in paradiso, ma non prima di averci maledetti.

venerdì 20 maggio 2011

Perché da grande voglio essere Vittorio Alfieri.

Innanzitutto chi è Vittorio Alfieri. Uomo geniale che come molti del suo stampo visse brevemente e con la stessa potenza di una deflagrazione; dal 1749 al 1803 fece l'impossibile per consegnare al Futuro un distillato quasi perfetto di ciò che la sua mente era in grado di pensare. 
Scrisse tragedie dell'affermazione individuale, capaci di squarciare il cuore agli italiani, scrisse in toni polemici e satirici sulla Libertà, scrisse rime, persino commedie, odi, satire, ogni genere di prose, e infine degnò il mondo del capolavoro di un'autobiografia ambiziosa fino al sospetto di arroganza. Una simile opera iniziata ad un'età forse prematura (1790) o ci lascia una finestra per insultare un superbo o ci apre una cancellata di ferro battuto verso un uomo che ne aveva davvero tante da dire. 


I 4 principali motivi per cui da grande voglio essere Vittorio Alfieri.


1. Creatura a pelo fulvo come me, protettrice delle volpi e dei procioni. Magnifico Enobarbo.


2. A sette anni tentò il suicidio, anche se non pensò mai di voler morire, e non era certo di sapere cosa fosse la morte: eppure seguendo così un non so quale istinto naturale misto di un dolore di cui mi era ignota la fonte, mi spinsi avidissimamente a mangiar di quell'erba, immaginando di inghiottire cicuta, di cui aveva sentito parlare chissà dove.
Anch'io ho una spiccata attrazione per la morte e quando un giorno dovrò venirci alle mani (con la morte, intendo) vorrò farlo con la stessa crudezza. 


3. Ed il mio maggiore, anzi il solo piacere ch'io ricavassi dal viaggio, era di ritrovarmi correndo la posta su le strade maestre, e di farne alcune, e il più che poteva, a cavallo da corriere.
Vide le più belle e le più narrate città d'Europa e i soli momenti di pace che riuscì a trovare nella sua (giovanile) noia furono i breve slanci delle corse folli. Per me Alfieri è un cavallo con la bocca schiumante e le froge allargate dallo sforzo. Rappresenta completamente la tensione.


4. Incostante e folle, rimase incantato solo dalla Svezia. Cercò di saperne di più di quella semilibertà che traspariva dal governo ma non ebbe mai la costanza di farlo seriamente. 
La maestosa natura di quelle immense selve, laghi e dirupi, moltissimo mi trasportavano; e benché non avessi mai letto l'Ossian, molte di quelle sua immagini mi restavano ruvidamente scolpite. Corse con la slitta con furore, calpestando i numerosi strati di neve finché non venne il primo caldo, e comparvero le verdi primizie: spettacolo veramente bizzarro e che mi sarebbe riuscito poetico se avessi saputo far versi.
Mio Adorato, ecco, adesso mi fai piangere. Certe volte la vita è così simile alla sensazione di voler far versi. 

sabato 14 maggio 2011

Libri scritti da psicopatici, con personaggi psicopatici e per lettori psicopatici #1

(Nota: lo dico con affetto).
Cioè la mia routine. Sì, mi piacciono i morti e i pazzi, non disdegno i manicomi e gli ossessivo-compulsivi (specialmente dopo i pasti), fatico a digerire i coniglini e gli amori strazianti. Sono una gran lettrice e non sono spesso capace di iniziare un libro alla volta e faccio disastrose indigestioni di trame che mi lasciano indisposta ma non per molto. Poi sono anche recidiva e ricomincio da capo. Il mio aperitivo è lo psycho-drama. Degusto anche vendette e self-made-men, ma con un po' di raffinatezza aristocratica e mai senza un buon rosé. E siccome mi piacciono anche gli schemini storti fatti con paint con mani tremolanti (e che non conobbero mai la simmetria), unirò le mie più grandi passioni in questa rubrica per lettori ormai spacciati all'ultimo stadio della malattia.

Ecco a voi:

Dieci libri che ho letto contornati da un'insalata fresca di consigli e sconsigli*. 
Bambini, non rifatelo a casa! 

Per sviste, errori grossolani, errori imperdonabili, consigli, opinioni, se avete letto e non siete d'accordo, se avete letto e la pensate come me, se ho scritto stronzate e volete farmelo sapere, se invece volete propormi come candidata al Pulitzer, in tutti questi casi scrivetemi preziosi commenti!

8 scorpioni su 10 a Doppio sogno, brevissimo sforzo di un centinaio di pagine, e ispiratore di Eyes Wide Shut. Se conoscete il film, sappiate che la storia qui è ambientata a Vienna, i protagonisti si chiamano Fridolin e Albertine, e il tutto potrebbe risultare sicuramente più elegante - come sempre quando è la luce dei lampioni e non quella dei neon a illuminare - ma anche un pochino ridicolo perché di molto ingentilito. L'atmosfera è sempre freudiana, onirica, erotica, caotica, avviluppante, intelligente e ben orchestrata. Per me vale la pena scoprire quali geni ispirano gli altri geni, quindi lo consiglio.




7 ragni storti e a bassissima definizione per Heinrich, che sì mi piace, ma che ho punito perché mi lascia sempre incapricciata e non mi spiega come vanno a finire le cose. L'autore segue la vita di una donna che vola rasoterra nella vita comune ma le cui azioni, in definitiva, sono degne di essere raccontate. C'è spazio anche per momenti di umorismo a tinte pastello, niente di disarticolato né di abbagliante. Fino alla fine vi chiederete dove accidenti stiamo andando a parare, e con il senno di poi è una bella sensazione che ti tiene incollato alle pagine e ti fornisce di un gustoso senso del bizzarro.











Le lettere di Bulgakov (che amo e che per me è un faro nella notte) si meritano 8 Martini su 10. Prima di tutto perché su questo capolavoro di umanità frustrata ho costruito la mia tesina di maturità e quindi conservo dei bei ricordi di consultazioni febbrili. E poi perché chiunque si è sentito disperato almeno una volta nella vita, chiunque ha esclamato la mia nave va a fondo, l'acqua si avvicina al mio ponte di comando. Bisogna affondare coraggiosamente. Ma poiché i manoscritti non bruciano nemmeno dentro al fuoco più caldo, significa che gli uomini dotati di lampi geniali restano tali e le loro opere resistono anche alla censura, al disinteresse e alla desolazione. Se già conoscete l'autore di Il Maestro e Margherita, Uova fatali e altre perle letterarie, forse vi farà piacere leggerlo e scoprire cosa si celava di oscuro in lui. Per poi amarlo di più, si intende.




Com'è che le cose stiano così non lo so, ma McGrath è l'unico contemporaneo che leggo e amo, forse perché credo che non potrò trovare grandi opere all'infuori di quelle che hanno vissuto una storia editoriale travagliata, e che quindi mi sembrano più oneste. Ma per l'appunto sono affascinata da McGrath e questo è il primo suo libro che ho letto (molto giovane, e dopo aver molto combattuto con mia madre, donna facilmente impressionabile). In copertina parlava di biancheria di seta grigio perla, e da lì in poi un fuoco sacro mi ha presa. Storia di come un uomo per bene possa innamorarsi di una pazza soggetta a sbalzi di umore (che a volte si avvinghia a lui in preda all'estasi, altre volte piega i vestiti uno a uno e li ripone con calma). Storia di come ti puoi rovinare la vita con poche semplici mosse.





La Valle dell'Eden sembra iniziare in sordina, con descrizioni calme, forse noiose. Ti viene la tentazione di saltare qualche pagina. In realtà è perché Steinbeck è un maestro del ritmo narrativo, e ti lascia per molti capitoli nella polvere e nelle piatte campagne dove non accade nulla, fino al momento in cui ti presenta Cathy. E allora è come una detonazione: ero terrorizzata. Steinbeck (Nobel che gli riconsegnerei domani in persona con tutte le mie benedizioni) sa come lasciare il lettore disgustato, crea un crescendo tormentosissimo che è troppo garbato per far terminare in violenza. Non ho pianto tutte le mie lacrime solo perché ero troppo impegnata a soffrire. Divino, sordido ma delicato, costellato di gemme preziose e di personaggi irripetibili sia nella letteratura sia - purtroppo - nella vita degli uomini qualsiasi.





Delizioso nel suo genere, piccolo promemoria di come la lingua possa fare capriole grandiose. Risale, credo, al periodo in cui mio padre dopo aver imparato l'italiano volle conoscerne anche le sfumature più ardite. Postilla: mi è stato di formidabile aiuto mentre preparavo l'esame di letteratura perché offre spunti ottimi per individuare figure retoriche e stratagemmi letterari. 7 colombelle della pace a Dossena.





Le relazioni pericolose ha cambiato la mia vita. La trama non è un granché, ovvero è molto articolata e ben gestita, ma in fin dei conti prevedibile. Ciò che ho trovato prodigioso è la capacità umana di metamorfosi continua, e nella maggior parte dei casi il movente più convincente è l'interesse personale, meglio se completamente immorale. Non rovinatevi subito con il film, anche se Glenn Close è molto fascinosa, perché perde molto della meschinità dell'originale.




Solo 6 simbolucci orientali per L'isola di Arturo, ma senza perfidia. Puerile, puerile, puerile, puerile, puerile. Verrete ricoperti da questa maledetta parola se lo leggerete, tutto è puerile, i gesti sono puerili, gli sguardi sono puerili, le atmosfere sono puerili, le fottute rocce sono puerili. Elsa Morante la usa ogni due pagine, l'ho letto anni fa e ancora me lo ricordo con nausea. La storia è quella di un'adolescenza riuscita senza troppe turbe per miracolo, e di un innamoramento di quelli che non lasciano tregua e sono perennemente incalzati da circostanze ingestibili. Il finale mi ha lasciata disperatamente arrabbiata, credo di aver riletto le ultime pagine venti volte per capire se non mi fosse sfuggito qualcosa. Bè, purtroppo non mi era sfuggito niente.




"Dimmi, cosa mangiamo."
[...]
"Merda."
E con questa vi ho rovinato il finale ma ne valeva la pena. Gli ho dato solo 6 orologi da muro perché è di una tristezza aberrante. Se unite i puntini da "Nessuno scrive al colonnello" a "Merda" vedrete chiaramente che razza di trama vi si propone. Una palude di gente che vive a testa bassa e con sguardo fisso. 




7 clessidre. Se non ne foste già convinti, vi ripeto che la natura umana è veramente orribile. Gli ultimi attimi di vita di un uomo mesto e generoso divorato da pescecani. La trama è una spirale di comportamenti viscidi tenuti da uomini ben vestiti, mentre a ben vedere gli straccioni forse conservano più amor proprio. Aberrante e lacrimoso (o forse illacrimato a ben vedere).


*Sono a conoscenza del fatto che questa parola non esiste.